Tuesday, October 21, 2014

Le mot du jour de la fin 2012

Aujourd’hui, le dernier jour de 2012, attendant les douze coups de minuit, je regarde tout ce que nous avons accompli et les chantiers de l’esprit que nous avons ouverts, les combats que nous avons perdus sans battre en retraite, l’approche de la mort, nos voyages incessants de Hong Kong en Chine, à l’Ile de la Réunion dans l’Océan Indien, de Paris à l’Ile de Malte en Méditerranée, de Vienne en Autriche au bord de la Mer Noire, de l’Ecosse à Leipzig en Allemagne et à Rome en Italie…
La lecture de nos écritures et notre expertise de sortie de crise, sur tous les continents, dans toutes les Russies, la Chine, le Japon, toute l’Asie, l’Afrique et les Amériques, en Australie et dans toute l’Europe.
Je regarde cette mission sans espoir et je trouve que tout va bien.
La dé-financiarisation de l’abri a commencé  en hommage de l’Abbé Pierre.
La reconquête de la signification est en marche en hommage à Algirdas-Julien Greimas,
 
Ce fut une belle année 2012.
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Umberto ECO: "e solo i vostri libri rimarranno"

UMBERTO-ECO_3001.JPG Photo: MetEm presse 2009
UMBERTO ECO SOFIA 2014
Ouverture du Congrès
“La Nouvelle Sémiotique, entre tradition et innovation”
Come è avvenuto il primo congresso della IASS/AIS nel 1974?
L’organizzatore, ero tutto io e la mia segretaria.
L’idea era nata quando c’era stata la fondazione dell’associazione di semiotica a Parigi, c’era stato un primo, anzi un secondo incontro a Varsavia, ma era subito dopo l’invasione della Cecoslovacchia.
È stato fatto questo incontro a Parigi e c’erano Jakobson, Benveniste, Greimas…io credo di essere l’unico…no io e Kristeva siamo gli unici due sopravvissuti di quella riunione.
E lì si è lanciata l’idea che si doveva fare un convegno. Poi c’è stata un’ultima riunione a Parma perché l’editore Franco Maria Ricci aveva voluto invitare tutti…sono state fatte le ultime elezioni. È stato eletto presidente Cesare Segre e io segretario - che non ne avevo nessuna voglia - ma Jakobson ha insistito e disse: partite per il congresso!
Dunque questa riunione è stata nel…la cosa a Varsavia era stata il ‘68 poi la riunione…La riunione è stata nel ’71 o ‘72 e abbiamo cominciato a cercare i soldi per il congresso. E ci hanno dato molte delusioni. Doveva essere un’organizzazione di Genova. Poi invece Genova non lo ha fatto etc etc
Poi finalmente l’istituto Gemelli a Milano ha messo un po’ di fondi, ci hanno dato una sala, c’è stato un piccolo aiuto privato. Ma poca roba. Avevamo avuto per l’epoca 20 milioni per pagare tutto. 20 milioni non erano niente. 20 milioni di lire (10000 euro)
Solo pagare un viaggio dall’America e lì partiva già almeno un milione. Bisognava pagare Jakobson, Sebeok, tutta sta gente. Insomma ce l’abbiamo fatta. Solo che non pensavamo affatto che venisse tutta quella gente.
Ce n’erano molti partecipanti?
Noi pensavamo così un 200-300 iscrizioni, sono arrivate 800-900 persone.
Ed è arrivata della gente importantissima che io non avevo invitato.
Tipo Lacan... Non era venuto in mente di invitare Lacan perché non era proprio un semiologo.
E la sera prima dell’apertura è stato fatto un party a casa mia dove abbiamo visto della gente che credevamo fosse morta da vent’anni: Buyssens, David Efron, quello che aveva studiato la gestualità. Noi gli abbiamo scritto ed erano venuti e quindi c’erano tutti, tutti! Mi ricordo che la mia segretaria aveva gli occhi spalancanti perché diceva, sono due anni che leggo solo dei nomi, ora li vedo qui e scopro che sono veri e che esistono davvero. E la cosa era stata organizzata bene, in modo che dopo la sessione d’apertura iniziavano le varie sessioni separate. E a un certo punto mi sono trovato seduto sui gradini di una scala che non avevo più niente da fare perché ciascuno era al proprio posto. Ogni sessione aveva il suo direttore, avevo capito che la cosa era andata bene.
Quale è il valore aggiunto di un congresso mondiale?
Per il primo, bisognava proprio addirittura scoprire in che senso molta gente si interessava di semiotica. Ci è arrivato lì, inatteso, Paul Watzlawick, quello della scuola di Palo Alto. Era venuto e lì abbiamo capito che anche quel tipo di ricerche potevano avere un coté semiotico.
Infatti se guarda gli atti del congresso ci sono proprio varie sezioni, e lì si è disegnato un po’ quello che io ho sempre sostenuto, e sostengo sempre di più, mentre molti dei miei colleghi no, che la semiotica non è una disciplina. È piuttosto, dovesse essere un’organizzazione universitaria, una facoltà.
Io faccio l’esempio di medicina. Cosa c’è in comune tra la dietetica e la cancerologia, e la tisiologia e la gastroenterologia, sono tecniche e hanno una cosa in comune: la salute del corpo umano.
Non solo, tra varie sezioni, tra un cancerologo e dentista c’è un abisso, ma anche all’interno di una stessa specialità ci sono le scuole diverse. Questo io l’ho scritto anche nella prefazione di semiotica e filosofia del linguaggio: c’è una semiotica generale che, per me, non per tanti altri, è ancora una disciplina filosofica di fondazione della semiosi, del segno. Va be’ io sono legato a Peirce… E poi ci sono le semiotiche specifiche che possono essere anche molto diverse l’una dall’altra anche se all’inizio, per esempio nel momento dell’enfasi strutturalista si pensava di trovare categorie generali che funzionassero…Si cercavano le articolazioni non solo nella lingua ma anche nel cinema… Abbiamo commesso anche tanti atti di ingenuità… era proprio il pensiero di poter trovare delle categorie generali… E non è così, perché più la semiotica va a distribuirsi in vari settori più scopre degli universi che hanno le proprie leggi. Ci dovrebbe essere a dominare tutte queste specialità quella che io chiamo la semiotica generale. Che poi è quella che ho praticato io. Nel senso sì, all’inizio mi sono occupato di cinema, di arti visive, ma poi ho lasciato che lo facessero altri, specializzati, e che si specializzassero in quelle cose lì. Io mi sono limitato, specie nelle ultime opere, a problemi di teoria generale.
Oggi secondo me sono pochi quelli che fanno teoria generale e molti quelli che fanno non so, sociosemiotica etc…che va anche bene, ma se si va a vedere il programma del congresso di semiotica di Berkeley del 94 c’era un numero di discipline incredibili che andavano persino alla vita dopo la morte. Lì si era addirittura, secondo me, esagerato però quello che io continuo a credere è che quello che all’inizio dagli analitici era stato chiamato linguistic turn della nostra epoca è stato di fatto il semiotic turn. Tutte le discipline, non solo quelle umanistiche, ma pensi anche alla genetica…codice genetico, il DNA… si sono molto orientate sul problema semiotico. Tanto è vero abbiamo avuto un convegno nel 81-82 a Lucca dove sono stati gli immunologi che hanno voluto vedersi con i semiologi per trovare dei punti in comune. Lì c’era proprio un problema. Là dove loro credevano di vedere della semiosi, per me c’erano sempre e soltanto ancora degli stimulus response.
All’epoca la semiotica era di moda. Poi come si è sviluppata?
Si però poi ci sono stati altri fenomeni. Mentre in Italia, in Germania, la semiotica ha continuato a svilupparsi, i francesi, a un certo punto ciascuno per invida dell’altro dicevano: io non faccio più semiotica…, faccio psicanalisi, diceva Kristeva, Todorov ha fatto della storia della cultura e altre cose bellissime. E chi ha preso un po’, come dire, il comando della semiotica è stata la scuola greimasiana. E basta. Almeno a Parigi. Poi se si va a vedere in una università periferiche si vede che c’è della gente che fa della semiotica senza essere necessariamente dei greimasiani. Però quelli che pretendono che ci sia una semiotica unica scientifica sono i greimasiani.
Negli Stati uniti c’è stato, diciamo, l’urto con la filosofia analitica. Che noti bene, in gran parte può essere intesa come una interessante forma di semiotica. Specie se si va avanti con i suoi critici come Rorty, Abbiamo fatto tanti convegni insieme. Ma in America ci sono le parole magiche. Semiotica non vendeva bene, poi alcune università come la Brown University hanno cominciato a fare il dottorato di semiotica ma a quel punto sono diventati di moda i cultural studies. Noti bene uno che fa della sociosemiotica fa dei cultural studies ma hanno cambiato il nome del dottorato e la semiotica l’han chiamata cultural studies. Lì funzionano degli shibboleth delle parole d’ordine, vorrei dire, commerciali. E quindi l’America è un caso a sé.
Sa che il paese con maggior numero di partecipanti è il Brasile!
Ma, il sud America ha sempre continuato, in particolare i brasiliani se ne sono occupati molto. I brasiliani si stavano occupando di Peirce prima che nascesse tutto il problema della semiotica in Europa. Tutti poeti Noigandre: Haroldo De Campos, Augusto De Campos, Décio Pignatari negli anni ‘50 studiavano Peirce. Naturalmente si erano sbagliati perché lo studiavano sui libri di Max Bense che non ha mai capito Peirce, ma pazienza.
Quale sarebbe la tradizione semiotica?
Tradizione è non buttare via …qualcuno dei miei amici che ha cominciato a dire “non buttiamo via Saussure”. Non buttiamo via quelli da cui siamo partiti. Per un certo punto la semiotica è sembrata tutta strutturalista, e sembrava che strutturalismo e semiotica fossero la stessa cosa, e non era vero. A un certo punto è stato buttato a mare lo strutturalismo, ma non bisognava buttare via tutto.
Come vede l’innovazione semiotica?
Innovazione, intendiamoci. Mentre nelle scienze dure c’è un senso enorme della continuità, io dico qualcosa solo sulla base di quello che ha detto lo scienziato precedente, e sviluppo, provo, disprovo etc. e mentre la filosofia analitica ha cercato di imitare questo atteggiamento delle scienze dure, c’è un corpus molto preciso, ciascuno fa un articolino piccolo partendo da un articolo precedente di un altro.
In genere nelle humanities c’è un mito delle novità a tutti i costi. I francesi in questo senso sono maestri. Io mi faccio notare solo se dico il contrario di quello che hanno detto prima. Se questa è l’innovazione allora è un procedimento dannoso. Addirittura capovolgendo il senso delle parole. Non so, Baudrillard che chiama seduzione quello che per gli altri non è seduzione. Questo tentativo di essere sempre come diceva Maritain Les chevaliers de l'absolu. Eh no, ecco perché dicevo prima tradizione e innovazione. Non bisogna a tutti costi far finta di dire il contrario. Forse è anche un vizio hegeliano. Si nega quello che è stato detto per andare avanti.
E innovazione in senso positivo?
Una parte del mio gruppo ha cercato di fondere negli anni 90 e 2000 la semiotica con le scienze cognitive, ed ecco che all’università di San Marino, che abbiamo fondato noi…sono stati fatti una ventina di convegni molto interessanti a cui sono venuti tutti i più grandi studiosi di cognitive science c’è stato uno sviluppo di rapporti. Io credo che mentre la primissima semiotica era ancora vittima di un dogma che pesava su tutta la filosofia, “della mente non si può parlare”… quindi o si parla del comportamento o si parla di… (non so cosa). Dopo le scienze cognitive si è capito che bisogna parlare anche della mente.
Io insisto sempre a ricordare una cosa: Adriano Olivetti, che era un grande uomo, assumeva nella sua azienda quando era indispensabile gli ingegneri perché ne aveva bisogno. Però se possibile gente che aveva dato una tesi in filologia greca o di filosofia, poi li mandava 6 mesi in fabbrica per capire cosa succedeva. Ma sapeva che uno che aveva fatto studi umanistici aveva la mente più aperta all’innovazione.
Su che cosa lavora adesso?
Io sono sempre stato dell’idea e l’ho sempre detto: dopo i 50 anni uno deve occuparsi solo dei poeti elisabettiani (ride). Le cose nuove deve lasciarle fare ai giovani. Invece lui sa come si studiano i poeti elisabettiani. Io non è che ho studiato i poeti elisabettiani ma mi sono un po’ in parte ritirato su studi storici. Non so se ha visto quel volumone sulla storia del pensiero medioevale.
E adesso sto riunendo tutti i miei scritti semiotici. Verranno fuori circa tremila pagine. Adesso sono tutti nelle mani di una persona che deve semplicemente unificare la bibliografia. Ma senza toccare i vari testi. Unificarli e metterli a posto. Verranno fuori due volumi in cofanetto. E così, un’offerta funebre da portare nella piramide per il faraone che muore.
E poi sa, io ho una strana linea della vita, che si interrompe a metà come se dovessi morire a 50 anni e poi però continua così. E cosa è successo a metà della mia vita, ho iniziato a scrivere i romanzi. Quindi c’è una vita parallela.
Ha preso l’altra strada, forse quella più gratificante…
Bè, quella più divertente. Adesso ce n’è uno nuovo. È già scritto. È una rappresentazione grottesca del giornalismo. […] È la storia di un giornale che volendo può sembrare un po’ berlusconiano, anche se si svolge nel ‘92 prima che Berlusconi entrasse in politica.
Cosa possiamo aspettarci, cosa si ottiene da un congresso?
Cosa si ottiene da un congresso lo si sa solo dopo. Quando abbiamo preparato il congresso del ‘74 non ci aspettavamo ci sarebbe stata quella disseminazione che c’è stata. Forse sarebbe bastato qualche piccolo errore di comunicazione, e venivano solo 100 persone e nessuno parlava più della semiotica. Quello che succede dopo un congresso e che esso non emana un documento finale dogmatico. Elabora degli atti. E negli atti si può trovare quello che si trova. Dipende da qual è la ricchezza e la novità degli atti.
Cosa augurerebbe ai partecipanti?
Cosa auguro ai semiotici: difendete la carta. Difendete la carta. Non studiate solo online.
Perché ci sarà il grande blackout, tutto scomparirà e solo i vostri libri rimarranno.

MELK (Aurtiche) Le bateau du savoir

MELK (Aurtiche) Le bateau du savoir
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Photos: EmMa (M. et Em. presse 2014)
Melk est une ville de la Basse-Autriche, célèbre pour son abbaye bénédictine bâtie en surplomb du Danube.

Baden-Baden, Michaelsberg

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BADEN-BADEN-5606.JPG baden 018 Promenade Michaelsberg

Sunday, August 24, 2014

La Nouvelle Sémiotique, entre tradition et innovation

La Nouvelle Sémiotique, entre tradition et innovation
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International Association for Semiotic Studies (IASS/AIS)
Southeast European Center for Semiotic Studies
Nouvelle Université de Bulgarie
Sofia 16-20 septembre 2014

Monday, March 31, 2014

Toyota: la plus forte amende de l’histoire automobile

Le constructeur japonais a admis avoir dissimulé l’ampleur des défauts de certains de ses véhicules dans les années 2000. Il va devoir verser 1,2 milliard de dollars aux autorités américaines.
«Toyota a choisi de mentir au public et aux autorités pour protéger son image de marque», a fustigé, ce mercredi, Eric Holder, le procureur général des Etats Unis, ce mercredi après la condamnation du constructeur a une amende record pour avoir dissimulé des défauts sur certains de ses véhicules impliqués dans des accidents mortels.
Dans l’après-midi du 28 août 2009, un homme appelle, paniqué, le “911” - les urgences aux Etats-Unis – pour expliquer qu’il roule à très vive allure sur une autoroute de San Diego et que son accélérateur apparaît bloqué. « Nous n’avons plus de freins. Nous approchons d’une intersection », crie-t-il avant que le fracas d’un accident ne soit entendu. Quelques minutes plus tard, les secours dégageront quatre cadavres de la carcasse de la berline Lexus. Et les services de police entameront une gigantesque enquête qui s’est conclue, ce mercredi, par la condamnation du constructeur Toyota à la plus lourde amende de l’histoire de l’automobile.
Le groupe japonais, qui a admis, après des années de dénégations, avoir sciemment minimisé l’ampleur des défauts constatés par ses propres équipes sur certains de ses véhicules (voir son exposé des faits ci-dessous), va payer 1,2 milliard de dollars aux autorités américaines. En acceptant ce règlement négocié, il compte progressivement mettre un terme aux poursuites lancées contre lui aux Etats-Unis par des personnes affirmant avoir été victimes d’accélération inopinées similaires. Dès 2010, l’administration de la sécurité des autoroutes américains (NHTSA) avait indiqué qu’au moins 5 personnes étaient décédées dans des accidents impliquant une accélération non contrôlée.
«Une attitude honteuse»
Au terme d’une procédure conduite par le FBI, les autorités américaines ont déterminé que le groupe japonais avait en fait réalisé, dès 2007, que la pédale d’accélérateur de plusieurs modèles pouvaient se retrouver coincée en position basse sous les tapis de sol du véhicule. Mais qu’il avait essayé de limiter ou de retarder les campagnes de rappel des véhicules concernés par ce défaut. « Toyota a choisi de mentir au public et aux autorités pour protéger son image de marque », a martelé, ce mercredi, Eric Holder, le procureur général des Etats Unis dans une charge violente contre le plus grand constructeur mondial. « L’attitude du groupe a été honteuse », a-t-il insisté.
Toyota avait finalement dû se résoudre à l’automne 2009 puis en 2010 à rappeler près de dix millions de voitures dans le monde pour notamment modifier certains tapis de sol. Cette campagne avait considérablement entaché la réputation du constructeur et l’avait plongé dans un cycle de crise – ensuite alimenté par le tremblement de terre au Japon et les inondations en Thaïlande - dont il n’était sorti qu’en 2012.

Saturday, February 08, 2014

Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, Architecte... 200 ans

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Portrait du ''Dictionnaire Raisonné de L'Architecture Française. Du XIe au XVIe siècle'', A. Morel editor, Paris, 1868.

Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, architecte français né le 27 janvier 1814 à Paris, mort le 17 septembre 1879 à Lausanne.
Il est connu pour ses restaurations de constructions médiévales.
Il est également reconnu pour avoir inspiré le mouvement de l'Art nouveau. Au début du XXe siècle, on lui reproche de trahir le travail de ses prédécesseurs en imposant son propre style. «Restaurer un édifice, ce n'est pas l'entretenir, le réparer ou le refaire, c'est le rétablir dans un état complet qui peut n'avoir jamais existé à un moment donné.» Cette phrase créera la discorde entre l'architecte et les écoles de restaurations.
Avant de démarrer sa carrière, il part en mars 1836 dans un voyage d'étude de 18 mois en Italie pour s'intéresser à l'architecture médiévale. À son retour, il entre au Conseil des bâtiments civils, un organisme constitué des membres les plus éminents du paysage architectural français. En 1840, Eugène Viollet-le Duc s'attaque à la basilique de Vézelay après que Prosper Mérimée devenu inspecteur des Monuments historiques lui ait demandé. Cette première restauration s'inscrit dans une longue série d'édifices dont l'architecte se chargera.
Cathédrale Notre-Dame de Paris
Parmi les réalisations de l'architecte, Notre-Dame de Paris reste l'une des plus controversées. C'est lui, par exemple, qui imposa une flèche à Notre-Dame alors que celle-ci avait disparu de la mémoire des Parisiens. Le modèle de cette flèche a été réalisé d'après la flèche de la cathédrale d'Orléans (qui datait du XIXe siècle) et non d'après celles du XIIIe. Après la Révolution française, la cathédrale est délabrée. Jusqu'alors confiée à l'architecte Godde, la restauration du bâtiment passe entre les mains de Jean-Baptiste-Antoine Lassus et d'Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc. De 1844 à 1864, tout sera mis en œuvre pour redorer le blason de l'une des plus célèbres cathédrales au monde.
La cité de Carcassonne
En 1844, Viollet-le Duc est chargé de la restauration de la basilique Saint-Nazaire installée dans la cité, avant la remise en état de l'ensemble de la cité médiévale qui tombe en ruine. Napoléon III approuve le projet de rénovation intégrale du lieu. Depuis 1997, la cité de Carcassonne est classée au patrimoine de l'UNESCO.
Cathédrale Notre-Dame d'Amiens
Cette cathédrale, la plus vaste de France symbolise l'archétype du style gothique classique. Au XIXe siècle, Viollet-le Duc s'attaque, sur une période de 25 ans, à la rénovation du bâtiment qui s'écroule.
Château de Pierrefonds
En 1857, Viollet-le-Duc est appelé par Napoléon III sur les conseils de Prosper Mérimée pour entreprendre la restauration de ce château. Le chantier commence en 1958. L'architecte ira même jusqu'à réinventer le monument en s'éloignant d'un simple travail de restauration. Six ans après sa mort, les travaux s'arrêtent et la décoration des salles reste inachevée.
Château de Roquetaillade
Vers 1860, la famille Leblanc de Mauvesin fait appel à Viollet-le Duc pour remettre en état le bâtiment constitué de deux châteaux forts. La restauration de ce lieu situé en Aquitaine a pris dix ans à l'architecte qui fut également chargé de décorer l'intérieur et le mobilier.
Dictionnaire raisonné du mobilier français de l'époque carolingienne à la Renaissance, 6 vol., Paris, 1858-1870
(en ligne sur gallica et archive.org)

Tuesday, January 07, 2014

2014 We wish you hope without doubt for a year, and all your wishes come true


Cette année nous avons 40 ans de la publication de notre première idée sémiotique.
L’an 1 du retour à l’origine du parcours de la quête de la signification.

Voici le message de vœux que nous envoyons à nos amis…

Volumus te spem sine dubio ad annum, et ex sententia vobis cuncta venerunt:

Linkime jums tikiuosi be abejonės už metus, ir visi tavo norai išsipildys.

Deseamos que usted espera, sin duda, por un año, y todos tus deseos se hagan realidad.

Auguriamo si spera, senza dubbio per un anno, e tutti i vostri desideri diventano realtà.

We wish you hope without doubt for a year, and all your wishes come true.

Мы желаем вам надеюсь без сомнения на год, и все ваши желания сбываются

Sifisela wena Sethemba ngaphandle kokungabaza unyaka, kanti wonke izifiso zakho zigcwaliseka

我們希望您希望無疑了一年,和你所有的願望成真

אנו מאחלים לכם מקווים ללא ספק לשנה, וכל משאלותיך תתגשמנה

Vă urăm speranţă fără dubii vreme de un an şi toate dorinţele se vor realiza.

Nous vous souhaitons l’espoir sans douter pendant un an, et tous vos vœux se réaliseront.
Mariela et Emmanuel CRIVAT


En 1974, A.-J. GREIMAS rédige l'article «Sémiotique» pour la Grande Encyclopédie Larousse

CRIVAT, M., CRIVAT, E. Operatori duali în analiza noului roman francez (Opérateurs duals dans l'analyse du Nouveau Roman français), Colloque de poétique et stylistique, Sinaia (Roumanie), 1974